Il ciclo dell’incompetenza: una realtà che frena il cambiamento

Impiegati che conversano con al centro un punto interrogativo che simboleggia in cliclo di incompetenza

Nel mondo del lavoro, la competenza dovrebbe essere la bussola che orienta ogni decisione. Dovrebbe guidare le strategie, promuovere innovazioni, migliorare i processi. Eppure, troppo spesso ci troviamo davanti a un fenomeno che sembra andare contro il buonsenso: il ciclo dell’incompetenza.

È un meccanismo insidioso, capace di insinuarsi nelle aziende, nelle istituzioni, ovunque. È quella forza invisibile che rallenta il cambiamento, blocca la crescita e ci fa perdere tempo prezioso. La domanda che ci dobbiamo fare è: perché succede? E soprattutto: come possiamo fermarlo?

Come nasce e si alimenta questo circolo vizioso?

Il ciclo dell’incompetenza, ahimè, non è solo una questione di non sapere qualcosa. Magari fosse così semplice! Il vero problema è che tende ad autoalimentarsi e a diventare parte del sistema, senza che nessuno se ne accorga.

Ci sono tre fattori principali che lo fanno proliferare:

  • Mancanza di consapevolezza – Troppo spesso chi occupa posizioni di potere non si rende conto di essere poco preparato. E il guaio è che non si accorge nemmeno di quanto questo influenzi le sue decisioni.
  • La mediocrità che si diffonde – L’incompetenza è contagiosa. Un dirigente poco capace tenderà a circondarsi di collaboratori mediocri, che non lo mettono in discussione. Il risultato? Un ambiente stagnante, dove il merito passa in secondo piano.
  • Paura del cambiamento – Cambiare significa mettersi in discussione, e per molti leader questo è terrificante. Così si preferisce mantenere procedure obsolete e ostacolare chi propone alternative più efficienti.

Una volta avviato, questo ciclo si autoalimenta. Si prendono decisioni non per migliorare la produttività, ma per difendere lo status quo. Risultato? Un sistema che premia la fedeltà invece delle competenze. E la produttività, nel lungo periodo, ne risente.

Come tutto questo ci danneggia davvero

Il problema non è solo teorico, ma lo vediamo ogni giorno, soprattutto in Italia, dove la digitalizzazione avanza a passi incerti e spesso si scontra con ostacoli burocratici e gestionali.

  • Tecnologie usate male – Quante aziende investono in strumenti digitali che poi nessuno sa usare? Software costosi lasciati lì, inutilizzati, perché nessuno si è preso la briga di formare le persone.
  • Talenti soffocati – Se un sistema premia chi è fedele invece di chi è competente, la meritocrazia scompare. E quando questo succede, l’innovazione si spegne, la motivazione cala e la produttività va a picco.
  • Decisioni lente e sbagliate – Quando chi comanda non ha abbastanza competenze, le scelte si basano su abitudini, su pressioni politiche o su vecchie logiche, invece che su dati concreti. Risultato? L’azienda rimane bloccata e non riesce a stare al passo con il mercato.

Come possiamo spezzare il ciclo dell’incompetenza?

La vera rivoluzione non è solo tecnologica o economica, ma culturale. Se vogliamo interrompere questo circolo vizioso, dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare.

Tre cose fondamentali possono aiutarci:

  1. Riconoscere il problema – Il primo passo è prendere coscienza dell’incompetenza e della sua influenza. Non è facile, soprattutto per chi ricopre posizioni di potere. Ma se non si parte da qui, non si va da nessuna parte.
  2. Dare valore al merito – Basta con le logiche di cooptazione e con la mediocrità premiata per convenienza. Dobbiamo valorizzare le persone capaci, quelle che portano idee, soluzioni e risultati concreti.
  3. Investire nella formazione – Non si finisce mai di imparare. La formazione non è un costo, ma un investimento, e ogni azienda, manager e professionista dovrebbe capirlo una volta per tutte.

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Il futuro dipende da noi

La digitalizzazione, l’innovazione e la produttività in Italia non sono bloccate da mancanza di risorse o opportunità, ma da un sistema che si ostina a proteggere l’incompetenza e la mediocrità. Se aspettiamo che il cambiamento ci venga servito dall’alto, possiamo anche metterci comodi: non arriverà mai.

Che tu sia un giovane professionista, uno studente, un manager, un imprenditore o un amministratore pubblico, hai davanti a te una scelta: continuare a subire le conseguenze di un meccanismo che soffoca il merito o rompere questo circolo vizioso una volta per tutte.

Il problema è reale, ma la soluzione dipende da chi ha il coraggio di alzare la testa e smettere di accettare il minimo indispensabile. Siamo pronti a cambiare davvero, o continueremo a lamentarci senza muovere un dito?

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